2. L'epitaffio ribelle.


"Da qualche parte bisognerà pur cominciare" mi dissi, ed eccomi triste e curvo sui libri specifici di storia del cinema muto, solo e ramingo negli angoli delle videoteche dove non batteva mai il sole. Sbadigliavo al solo pensiero di sorbirmi noiosi drammoni in costume, o comiche che non fanno più ridere, con l'immancabile solfa d'accompagnamento suonata meccanicamante da un pianista frustrato, all'epoca assediato da un pubblico di bifolchi, semianalfabeti, e ragazzini vocianti. Speravo di chiudere il capitolo "tesi" nel più breve arco di tempo. "Dacci dentro Andrea, e poi potrai finalmente scrivere il tuo libro intervista a Godard" come Truffaut fece con Hitchcock.
Tutto sembrava presagirlo, anche il silenzio di Godard nei miei confronti (è una persona scrupolosa- mi dicevo - starà sicuramente riordinando le idee in attesa di venire intervistato dal qui presente A.M.), quando inaspettatamente venne fuori lui. Sbucato fuori dalla polvere della storia, con uno sguardo brillante, istrionico, e...se non avessi creduto di esagerare...l'avrei definito di sfida. Ma di sfida a chi? Non certo a me, che dovevoIl compilare una nota biografica, mica affrontare un duello.
"Ernesto Maria Pasquali, produttore cinematografico, nato nel 1883, morto nel 1919". Un piccolo appunto, che sembrava pretendere un approfondimento che non gli stavo concedendo. Come l'avrei messa con quello sguardo fiero, sicuro di se, incurante del fatto che rappresentasse ormai poco più di un epitaffio scolorito? Rimasi senza risposta. L'indifferenza, per quella volta, l'ultima forse, ebbe la meglio: voltare pagina, scrivere, sottolineare, e sbadigliare. Il mio lavoro proseguì, e non potei non pensare che presto un relatore avrebbe potuto fregarsi le mani prima di appropriarsi di un lavoro altrui. Il mio.